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Invecchiare a domicilio nei contesti urbani, primi risultati dell’indagine sul campo

di Stefania Cerea (Politecnico di Milano)

In questa nota presentiamo in anteprima ulteriori risultati dell’indagine che ha coinvolto 140 anziani che vivono soli a domicilio, intervistati da Nord a Sud, in tre città (Brescia, Ancona, Reggio Calabria) e in tre “aree interne” (Oltrepò Pavese, Appennino Basso Pesarese e Anconetano, Grecanica). In particolare, ci soffermeremo sui contesti urbani (dove sono stati intervistati 72 anziani, fra maggio e dicembre 2019), affrontando un altro dei temi chiave del progetto IN-AGE: il rapporto tra reti familiari e senso di solitudine[1].

 

Anziani e reti familiari: un quadro introduttivo

In Italia, dove le strutture residenziali per anziani sono molto poco diffuse, ma anche i servizi di carattere domiciliare sono in grado di coprire solo una fetta residuale della popolazione anziana che ne avrebbe bisogno, le reti familiari rappresentano attori chiave del sistema di cura delle persone anziane non autosufficienti. Nel tempo, a fronte di una minore disponibilità della popolazione femminile, tradizionalmente deputata ad occuparsi degli anziani, ma sempre più oberata su altri fronti (quello lavorativo e quello della cura dei figli e dei nipoti), le cosiddette badanti hanno in parte supplito alla carenza di servizi in kind. Tuttavia, ancora oggi è la famiglia dell’anziano in primis, quando presente, ad occuparsi di lui, soprattutto per quanto riguarda incombenze non facilmente delegabili.

 

Le reti familiari: quale relazione con il senso di solitudine?

Fin qui nulla di nuovo, che già non si sappia e su cui la ricerca non si sia già ampiamente indirizzata ed espressa. Ma quale ruolo svolgono le reti familiari delle persone anziane in relazione al senso di solitudine di queste ultime, a maggior ragione quando vivono sole nel loro domicilio? Secondo la letteratura, la presenza di una rete familiare e di relazioni intergenerazionali sembrerebbe ridurre la percezione di solitudine dell’anziano. Tuttavia, nel definire questa relazione giocano un ruolo cruciale le aspettative che le persone anziane nutrono nei confronti della presenza e del ruolo dei familiari, aspettative che assumono connotati specifici nei diversi contesti socio-culturali. Nei paesi del Sud Europa, ad esempio, le aspettative degli anziani nei confronti della famiglia, e dei figli in particolare, sono molto più elevate che nei paesi del Nord Europa. E ciò darebbe origine ad un paradosso. Sebbene nei paesi nord-europei le dinamiche di individualizzazione e atomizzazione delle famiglie siano più marcate che nei paesi sud-europei, il senso di solitudine delle persone anziane risulta più basso. Un paradosso che può essere spiegato proprio con le differenti aspettative verso le relazioni familiari che gli anziani nutrono nei due gruppi di paesi, e che in letteratura sono espresse con il concetto di loneliness threshold (“soglia di solitudine”). In sostanza, più ci aspetta dalla famiglia e più tali aspettative andranno incontro al rischio di restare deluse, e viceversa.

Ma cosa emerge su questo tema dall’indagine condotta nei contesti urbani (Brescia, Ancona e Reggio Calabria)? La relazione fra le caratteristiche della rete familiare delle persone anziane e la solitudine[2] da esse percepita è visibile anche in questi contesti? E dal confronto fra le diverse città affiora il paradosso indicato in letteratura?

Il rapporto fra estensione delle reti familiari e senso di solitudine

Un primo risultato interessante emerge prendendo in considerazione l’estensione delle reti familiari degli anziani. Fra quest’ultima e i livelli di solitudine da essi percepiti non sembra esistere una relazione di segno negativo (più grande è la famiglia, meno diffusa è la solitudine). Infatti, fra coloro che hanno una rete familiare stretta (composta da uno a tre familiari), la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è sì più bassa del valore medio (27% vs 31%), ma la quota di chi soffre di solitudine moderata è molto più alta (45% vs 26%), quella di coloro che soffrono di solitudine elevata è nettamente più bassa (9% vs 25%) ed infine la quota di chi soffre di solitudine molto elevata è perfettamente in linea con la media (18%). Al contrario, fra coloro che hanno una rete familiare estesa (composta da almeno otto familiari), la percentuale di chi soffre di solitudine lieve è sopra la media di un solo punto percentuale (32% vs 31%), la quota di chi soffre di solitudine moderata è sotto la media (20% vs 26%), quella di coloro che soffrono di solitudine elevata è sopra la media (28% vs 25%), così come quella di chi soffre di solitudine molto elevata (20% vs 18%).

Relazione fra l’estensione della rete familiare e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale)

  Solitudine lieve Solitudine moderata Solitudine elevata Solitudine molto elevata Totale
RF stretta (1-3) 27,3 45,5 9,1 18,2 100,0
RF media (4-7) 32,0 16,0 36,0 16,0 100,0
RF estesa (8+) 32,0 20,0 28,0 20,0 100,0
Totale 30,6 26,4 25,0 18,1 100,0

Fonte: elaborazioni su dati indagine IN-AGE (72 interviste con anziani, periodo maggio-dicembre 2019).

 

Il rapporto fra reti familiari di prossimità e senso di solitudine

 

Osservazioni non troppo dissimili da quelle appena fatte emergono prendendo in considerazione i soli familiari che vivono nella stessa città delle persone anziane, ovvero quelli con i quali, se non altro per ragioni di vicinanza, è più probabile che gli anziani abbiano un contatto diretto. Fra le persone che non hanno alcun familiare in città, la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è sì nettamente più bassa del valore medio (8% vs 31%), ma la quota di chi soffre di solitudine moderata è molto più alta (58% vs 26%), quella di coloro che soffrono di solitudine elevata è più bassa (17% vs 25%), così come quella di chi soffre di solitudine molto elevata (17% vs 18%). Fra le persone che hanno una rete familiare locale estesa (composta da almeno tre familiari), la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è sopra la media (35% vs 31%) e la quota di chi soffre di solitudine elevata è sotto la media (19% vs 25%). Tuttavia, la percentuale di coloro che soffrono di solitudine moderata è più bassa (19% vs 26%) e quella di chi soffre di solitudine molto elevata è più alta (26% vs 18%).

Relazione fra l’estensione della rete familiare locale e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale)

  Solitudine lieve Solitudine moderata Solitudine elevata Solitudine molto elevata Totale
No RF locale 8,3 58,3 16,7 16,7 100,0
RF locale stretta (1-2) 34,5 20,7 34,5 10,3 100,0
RF locale estesa (3+) 35,5 19,4 19,4 25,8 100,0
Totale 30,6 26,4 25,0 18,1 100,0

Fonte: elaborazioni su dati indagine IN-AGE (72 interviste con anziani, periodo maggio-dicembre 2019).

Non cambia quasi nulla neppure osservando la relazione fra la quota di familiari che vivono nella stessa città delle persone anziane e la solitudine da esse percepita. Fermo restando quanto già emerso sugli anziani che non hanno familiari in città, fra le persone che hanno una rete familiare di bassa prossimità (ovvero quelle la cui rete familiare locale non raggiunge la metà della rete familiare totale), la percentuale di coloro che soffrono di solitudine moderata è più bassa del valore medio (18% vs 26%) e quella di chi soffre di solitudine elevata è molto più alta (39% vs 25%). Al contempo, tuttavia, la quota di coloro che soffrono di solitudine lieve è in linea con la media (31%) e quella di chi soffre di solitudine molto elevata è più bassa (12% vs 18%). Fra le persone che hanno una rete familiare di alta prossimità (ovvero quelle la cui rete familiare locale supera la metà della rete familiare totale), la percentuale di coloro che soffrono di solitudine lieve è molto più alta della media (41% vs 31%) e quella di chi soffre di solitudine elevata è molto più bassa (11% vs 25%), ma la quota di coloro che soffrono di solitudine moderata è inferiore alla media (22% vs 26%) e quella di chi soffre di solitudine molto elevata è più alta (26% vs 18%).

Relazione fra l’incidenza della rete familiare locale e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale)

  Solitudine lieve Solitudine moderata Solitudine elevata Solitudine molto elevata Totale
No RF locale 8,3 58,3 16,7 16,7 100,0
RF locale <50% 30,3 18,2 39,4 12,1 100,0
RF locale >50% 40,7 22,2 11,1 25,9 100,0
Totale 30,6 26,4 25,0 18,1 100,0

Fonte: elaborazioni su dati indagine IN-AGE (72 interviste con anziani, periodo maggio-dicembre 2019).

Presenza dei figli e senso di solitudine

Un altro risultato interessante emerge osservando la presenza (o l’assenza) di figli/e, che per amore e/o per (senso del) dovere dovrebbero essere una delle principali fonti di contatto di una persona anziana. Tuttavia, i figli non sembrano rappresentare una protezione contro il senso di solitudine. Fra coloro che li hanno, la percentuale di chi soffre di solitudine lieve è sì superiore a quella di chi non li ha (32% vs 26%) e quella di chi soffre di solitudine elevata è inferiore (24% vs 26%). Tuttavia, la quota di coloro che soffrono di solitudine moderata è inferiore (24% vs 32%) e quella di chi soffre di solitudine molto elevata è superiore (19% vs 16%). Se poi sommiamo le incidenze percentuali dei livelli di solitudine grave (elevata e molto elevata), vediamo che le percentuali sono quasi identiche fra i due gruppi di anziani, con una lieve prevalenza fra coloro che hanno figli/e (43% vs 42%).

Relazione fra la presenza di figli e il livello di solitudine delle persone anziane (distribuzione percentuale)

  Solitudine lieve Solitudine moderata Solitudine elevata Solitudine molto elevata Totale
Figli e/o figlie 32,1 24,5 24,5 18,9 100,0
Nessun figlio e/o figlia 26,3 31,6 26,3 15,8 100,0
Totale 30,6 26,4 25,0 18,1 100,0

Fonte: elaborazioni su dati indagine IN-AGE (72 interviste con anziani, periodo maggio-dicembre 2019).

 

Anziani e famiglie: aspettative, solitudine e differenze territoriali

La relazione parzialmente controintuitiva fra le caratteristiche della rete familiare delle persone anziane e i livelli di solitudine da esse percepiti può essere spiegata proprio con il concetto di loneliness threshold, come sembrerebbe emergere dalle interviste, in particolare da quelle condotte a Brescia e a Reggio Calabria (si veda sotto il box di approfondimento). Il confronto fra le due città fa emergere forti differenze nelle aspettative che gli anziani ripongono rispetto alla presenza e al ruolo della famiglia nelle loro vite. A Brescia tali aspettative sono spesso piuttosto limitate, quando non del tutto assenti. Non ci si attende molto dai familiari, neppure dai figli, in quanto impegnati con il lavoro e/o con la famiglia. Inoltre, è possibile che la bassa prossimità familiare contribuisca a limitare ulteriormente le aspettative suddette: infatti, Brescia si contraddistingue per il numero più alto di persone anziane che non hanno neppure la metà dei familiari che vive in città. Nonostante questo, o forse proprio per questo, la grande maggioranza delle persone anziane di Brescia ritiene che la famiglia dimostri grande attenzione ai propri bisogni, esprimendo un notevole apprezzamento per quanto quest’ultima riesce a fare nonostante tutto. A Reggio Calabria, al contrario, le aspettative delle persone anziane verso la famiglia sono spesso piuttosto elevate, e nonostante la diffusa presenza di reti familiari non solo estese, ma di carattere fortemente locale, e con le quali i contatti sono spesso quotidiani e face-to-face, tali aspettative risultano non di rado insoddisfatte e il senso di trascuratezza è piuttosto diffuso. Riprendendo quanto emerso dalla letteratura, è come se esistessero diverse “loneliness threshold”, una più bassa a Brescia e una più alta a Reggio Calabria.

Box – Brescia e Reggio Calabria a confronto: le aspettative degli anziani soli rispetto alle proprie famiglie

 

Brescia

 

 

Reggio Calabria

 

“Certo che sono attenti. Pota [interiezione utilizzata nel Lombardo orientale, e in particolare nel Bergamasco e nel Bresciano, che rimarca stupore o enfatizza una reazione a un oggetto o situazione fuori dal comune] ma ormai ognuno ha la sua vita. Loro hanno la sua vita […], io ho la mia. Una volta ogni tanto ci troviamo però… soprattutto a Natale o a Pasqua anche. […] l’è bel [espressione dialettale, riportata come è stata pronunciata, che significa “è bello”.] [ride]. Tutti gli anni è così.” (LOM_BRE_02)

 

“io non pretendo che facciano più di quel… quello che riesco a fare… “guarda mamma che…”, “ascolta, quello che ho bisogno ve lo chiedo, fatevi prima la vostra famiglia, la vostra vita e il vostro lavoro”, però certo come dico a mio figlio “dovrei andare a prendere le ricette dalla dottoressa, oppure avrei bisogno di prenotare un…” lui corre, lui corre.” (LOM_BRE_06)

 

“Le mie figlie senz’altro. Quando ne ho bisogno, ci sono… ci son sempre. E dopo anche loro devo pensare che han la loro famiglia.” (LOM_BRE_23)

 

“Ognuno deve farsi le cose da solo.” (LOM_BRE_17)

 

 

“Ognuno [compresa la famiglia] pensa a sé stesso.” (CAL_REG_03)

 

“No, ognuno [i familiari dell’intervistata] ha il suo mondo, le sue cose.” (CAL_REG_15)

 

“mi sento mancata di rispetto… Mi mancano i miei figli…” (CAL_REG_13)

 

[L’intervistata riflette.]

INTERVISTORE: Se volete facciamo uscire fuori tutti [riferendosi ai familiari presenti, che potrebbero condizionare l’intervistata].

INTERVISTATA: “Guardate, lei [l’intervistata indica la figlia più grande] non mi fa neanche il caffè fa tutto suo marito, lui prepara anche da mangiare.” (CAL_REG_13)

 

“Si capiscono che sto male, non è che non capiscono però questa è la vita figlio mio… Chi li può obbligare, ognuno ha la sua famiglia e ognuno ha le sue cose.” (CAL_REG_19)

 

 

[1] Il progetto INclusive AGEing in place (IN-AGE) è finanziato da Fondazione Cariplo (grant n. 2017-0941).

[2] A partire dalle interviste con gli anziani sono stati individuati quattro livelli di solitudine:

1) “Nulla o lieve”: la persona anziana non si sente sola o percepisce raramente un senso di solitudine.

2) “Moderata”: la persona anziana ogni tanto si sente sola, ma questa sensazione è legata ad eventi contingenti (ad esempio, un giorno di pioggia), a determinati momenti della giornata o della settimana (ad esempio, la sera prima di andare a dormire o nel fine settimana), a definiti periodi dell’anno (ad esempio, durante le principali festività), e quasi mai è descritta come sensazione intensa.

3) “Elevata”: la persona anziana si sente spesso sola e questa sensazione è intensa.

4) “Molto elevata”: la persona anziana si sente spesso sola e questa sensazione è così intensa da generare effetti psico-fisici percepibili: stati depressivi, insonnia, incapacità di trovare un senso alla propria vita e, in qualche raro caso, pensieri suicidi.