Il sito del Laboratorio di Politiche Sociali

di Costanzo Ranci

Che le società contemporanee stiamo invecchiando velocemente, è ormai una quasi-banalità accettata da tutti (o quasi). Di quali siano le conseguenze, pochi invece sono consapevoli. Per il progetto IN-AGE il futuro della “società che invecchia” costituisce invece la preoccupazione principale. Perché l’invecchiamento generalizzato della popolazione, che in sé è un fatto positivo che indica un benessere più generalizzato, comporterà due conseguenze importanti che metteranno presto in discussione la strategia dominante di cura e sistemazione delle persone anziane fragili fondata sull’”ageing in place”, ovvero sull’invecchiare a casa. In questo intervento mi concentrerò sulla prima conseguenza.

Cambiano i rapporti tra le generazioni

Basta osservare l’evoluzione delle piramidi dell’età del nostro paese nel tempo per renderci conto che i rapporti quantitativi tra le generazioni saranno rivoluzionati da due tendenze concomitanti: l’allungamento della speranza di vita e il declino della natalità. L’effetto sarà importante: nel corso di pochi decenni, si passerà dall’attuale configurazione a clessidra (una grande pancia costituita dagli adulti di età media, contorniati nelle due ali da gruppi più piccoli di giovani e anziani) ad una nuova configurazione simile a quella della piramide rovesciata, in cui la pancia sarà sempre più sbilanciata verso l’alto (le persone più anziane) e la base (dove sono collocate le persone più giovani) diventerà sempre più appuntita.

La conseguenza per i rapporti tra le diverse generazioni è facilmente intuibile: il rapporto statistico tra persone anziane e persone adulte si sbilancerà sempre di più a favore dei primi. Che diventeranno sempre di più, ma potranno contare, soprattutto quando subentrerà l’età fragile, su un numero sempre più limitato di figli adulti. Mentre oggi una coppia di 80 anni ha in media due-tre figli su cui contare, tra pochi decenni la stessa coppia avrà in media solo un figlio alle loro spalle, su cui graveranno tutte le responsabilità della cura. Per effetto di questo cambiamento statistico, una coppia di adulti dovrà occuparsi in media non di un anziano fragile a testa (come è oggi), ma almeno di due a testa, ovvero di quattro anziani in totale!

La società dovrà cambiare radicalmente per affrontare questo cambiamento radicale: saranno necessari congedi prolungati di cura, nuove forme di conciliazione tra lavoro e cura, nuove forme di organizzazione della cura e dell’accudimento, risorse finanziarie supplementari da dedicare alla cura degli anziani, nonché nuove forme di solidarietà e convivenza tra persone anziane, non fondate necessariamente sui loro legami familiari.

Siamo preparati a tutto ciò? E l’invecchiare in casa sarà ancora la soluzione ideale, oppure dovremo preparare anche soluzioni alternative?

Il mutamento delle strutture familiari

Un secondo aspetto deriva dai cambiamenti nelle forme familiari. Infatti è la famiglia stessa a cambiare velocemente. La chiave interpretativa più efficace è quella del passaggio dal singolare al plurale. Da una forma dominante di famiglia — quella classica della coppia romantica e stabile con 1–2 figli — stiamo transitando verso “le famiglie”, configurazioni plurali dello stesso concetto di “household”, ovvero di unità di convivenza formata da coloro che vivono sotto lo stesso tetto. Per effetto dell’aumento dei divorzi e delle separazioni, nonché delle famiglie ricostituite (ovvero formate da adulti separati, magari con al seguito i figli del primo matrimonio), dell’emergere di “nuove famiglie” omosessuali, dell’aumento delle coppie di fatto e dei single (tra gli adulti ma anche tra gli anziani), i rapporti di cura si complicheranno e assumeranno configurazioni sempre più variabili. Dal classico rapporto genitori-figlia dovremo passare a relazioni molto più complesse, che metteranno in discussione anche gli equilibri e i compromessi tra i sessi. L’aumento del carico di assistenza e cura sugli adulti costringerà a rapporti più paritari tra uomini e donne nella divisione di questi compiti, e tutto ciò alla lunga rimetterà in discussione anche i rapporti di potere tra i sessi all’interno delle aziende.

Insomma, il rovesciamento della piramide dell’età cambierà la società nella sua globalità. L’invecchiamento non è un problema dei vecchi, ma dell’intera società, perché rimette in discussione le relazioni fondamentali su cui è fondata la nostra convivenza, sia familiare che civile.

Non è detto che sia un cambiamento in peggio. Sarà l’occasione per riequilibrare i rapporti tra i sessi e per reinventare nuove forme di solidarietà tra le generazioni. Sarà insomma una sfida, che può essere persa ancorandosi al passato, oppure affrontata cogliendo le opportunità che ci saranno date, e che noi ci daremo. Le politiche pubbliche, come sappiamo, giocheranno un ruolo strategico, nel produrre servizi ed opportunità, ma anche nell’incentivare certi comportamenti piuttosto che altri, e per evitare che i cambiamenti generino nuove forme di disuguaglianza tra chi potrà permettersi una migliore organizzazione familiare e chi non potrà farlo a causa delle condizioni lavorative o reddituali.

In-AGE, il nostro progetto di ricerca, scava proprio in queste dinamiche, per cogliere le direzioni di marcia, ed evidenziare i rischi e le opportunità dell’ageing society.